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"I TORTELLI"

by AnnaMaria Tettamanzi




- E’ arrivata la nonna Elvira!- E’ papà ad annunciarlo.
Lei abita a Milano. Si occupa dei tre nipoti maschi da quando è morta la figlia.
Durante l’anno torna spesso nella sua casa di Malnate, al pianterreno. Al primo piano ci siamo noi.
Io e mio fratello corriamo giù a salutarla. Mentre parla con mamma, il tavolo della cucina si riempie.
Pacchetti di ogni tipo. Il sacchetto marrone col pane, gli involucri col prosciutto, il formaggio e la carne, scatole coi biscotti, fagottini con riso e funghi secchi, il cartoccio con la farina, quello blu con lo zucchero. Poi compaiono aghi e fili, il centrino col ricamo, le camicie dei nipoti, da stirare.
L’invasione è completa ma lei trova un angolino per gli ultimi oggetti. Li prende da una grande borsa di cuoio nero. Gli occhiali, il borsellino e la scatolina verde smeraldo, col tabacco.
Il tavolo e ogni ripiano della cucina sono pieni di roba. Come farà a preparare da mangiare?
Al piano sopra ci arrivano deliziosi profumi di arrosto, di minestre, di dolci. Qualche volta di bruciato perché lei chiacchiera volentieri al cancello, con chi passa di lì.
Carnevale è il clou della sua arte: i tortelli. Perfetti. Dice di avere imparato in Alsazia.
La pasta si gonfia al centro, lasciando il vuoto dentro, e continua appiattita ai due lati. Il contorno termina a zig zag. Il sapore dello zucchero si sposa col burro e la farina, ogni ingrediente si camuffa dietro l’altro. Quei dolcetti sono friabili, mai secchi, morbidi, da sciogliersi in bocca eppure riempiono il palato. Ne possiamo mangiare parecchi: leggeri, senza traccia di olio.
A volte la nonna ci chiama. I tortelli li vediamo subito, in una marmitta di ceramica, sull’ angolo del tavolo. A volte è il papà, suo figlio, a portarceli, in un sacchetto del pane. La nonna non può salire le scale per la frattura al femore e cammina con una stampella.
Ma non ha perso coraggio. In cucina si muove agile, appoggiandosi qua e là.
Io non la vedo mai preparare i tortelli. Forse nessuno la vede. Ama stupire. Lei stessa ha il gusto della meraviglia.
Molti ricevono in regalo le sue paste dolci, come ringraziamento per qualche favore o solo per generosità. Così quelle delizie magicamente appaiono e scompaiono, in tempo breve.

Estate 2006. In vacanza a Mulhouse, in Alsazia, girovago per le strade. Mi viene in mente la nonna Elvira, appoggiata alla stampella, con una pentola in mano. Solo un istante dopo mi accorgo di un profumo. Un odore armonioso che sa di burro e zucchero al velo. Stringo le narici per prenderlo. Riesco a seguirlo, per poco. Si perde. Non capisco da dove sia arrivato.

(racconto di Anna Maria Tettamanzi - 2010)